Return to wind. Ritorno al vento. Come quando la luna irradia di spazio ogni angolo del mondo ignoto.
Ritorno al vento, dove i pensieri sussurrano speranze senza andare oltre le nuvole. Oltre le stelle.
Ritornai al vento quando non avevo altre gambe per andare oltre i miei confini.
Return to wind. Ritornare al vento. Non so perché. Eppure mi persi parole al vento. Come sabbia dispersa.
Il vento irrompe nello spazio….e…adesso che dire….
Sento musica rock….nel frastuono di strumenti elettrici, guardo il ticchettio del tempo. Regolare. Come metronomo dei pensieri.
Metronomo dei pensieri. Ecco la chiave di questa porta della mente.
Inserisco la chiave. Giro. Click. Tack….tick tack…tick tack…tick..tack… Regolare il metronomo mi dice che la notte va avanti.
Come il susseguirsi dei pensieri…la mente sente. Osculta l’anima…tra un rapido volteggiare delle sinapsi….il volo di calabrone dei pensieri si agita e il metronomo non arresta il suo costante ondeggiare. Ondeggia, ondeggia ed ipnotizza reconditi sguardi.
I pensieri si affollano…corre la mente ai ricordi. Ricordi di giorni felici, di giorni assenti. Assente la coscienza.
Il metronomo non si arresta…ed io corro…corro…come il ticchettio delle mie dita….le parole si accalcano…scrivo male…ma corro, corro come impazzito.
Freni della ragione. Adesso passa il metronomo. Va più veloce verso i pensieri dello stagno. Mi ritrovo nella metro di una città ignota. Passa il vagone e…la mente va via..veloce e lontana…niente freni alla fantasia.
Il suono di una sirena vola alto…Si schianta tra i muri della stazione. La canzone rock riecheggia tra le pareti della metro. Il treno si ferma. Le porte automatiche fanno scendere orde di sensazioni. I profumi abbracciano il tatto. Con delicatezza si stringono le mani. Salgo sul vagone. La chitarra elettrica segnala al capostazione di poter partire. Il vagone riparte. Suona la campana dell’orologio. Tutto inizia a suonare melodie di Tchaikovsky…che sembra più facile a pronunciare che a scrivere…. Tchaikovsky si arrabbia e mi guarda indignato….mi siedo e parlo con Chopin. Almeno è più facile da scrivere.
Beethoven fa finta di niente..Non sente.
Arriviamo alla seconda stazione e scendo dal terno…. sarebbe corretto se fossimo alla terza stazione … ma meglio scendere dal treno. Sento passi dietro di me…sono io…che scrivo alla tastiera. La luce diventa fioca e dei monaci tibetani mi salutano con gentilezza. Adesso guardo oltre i grattacieli. Vedo una montagna alta. Si staglia verso il cielo.
Comincia il mio cammino. Quello vero. L’aria è fresca e nella mente non c’è confusione. Solo voglia di camminare. Di stringere al petto i migliori pensieri. Le migliori parole e le riflessioni più belle.
Adesso il respiro del mondo è ampio e nei pensieri niente più ombre. Ripenso a sguardi amorevoli e d’amore.
Il metronomo continua il suo ticchettio, ma non lo sento più. Il mio cuore batte come un solo metronomo. Tutto è silenzio. Nella metro non sale più nessuno.
Mi allaccio le scarpe. Ed inizio il mio cammino.
La montagna sembra alta. Ma nella mia mano sento un calore, un abbraccio di anime lontane. Che mi sorridono come l’arcobaleno del cielo. Adesso ogni cosa sembra coordinarsi all’universo. Trovo il tempo
per un sorriso. Il metronomo enorme batte il tempo del tempo che non da tempo a se stesso.
Nella confusione di tutto ciò, mi chiedo che cosa abbia scritto.
Pensieri confusi che ritrovano la via della ragione. Una ragione nascosta alla sua natura. Troverò percorsi diversi per mete uguali.
Adesso la notte rischiara sentieri della mente ignoti. O almeno così vorrei credere.
Tic tac…tic tac…il metronomo non si è ancora fermato. Come le mi dita sulla tastiera che continuano a scrivere anche male…ma non voglio fermarmi..voglio scendere in metropolitana. Aspettare il vagone e sedermi su un sedile scomodo.
Aspettare che riparta il vagone e viaggiare verso una nuova destinazione.
“controllore”…dico:”il mio biglietto”.
“Tutto ok”…risponde lui.
“…e per il metronomo?”. Chiedo io.
“Lo lasci dove è”. Risponde lui. “Più tardi lo ricaricherà Tchaikovsky….Beethoven non lo sente mai”.
La metro è ripartita. Senza il metronomo … ma con Beethoven a bordo…. Come avrà fatto a sentire il fischio del controllore?
Con questo atroce dubbio … mi addormentai!