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Tempus Writer

Egli esclamò: “Tempus writer!“.

Fra le dita scorrono i tasti, come il vento che scuote i rami degli alberi.  Ebbe inizio la corsa. Forse folle, di ignobili pensieri. Oltre le siepi dell’ignoto un salto profondo. Vuoto. Incerto!

Libera la mente e ascolta ciò che dal profondo dell’animo riemerge. “Tempus Writer!”… sentiva riecheggiare in continuazione. Chi era? Cosa voleva? Cosa scriveva?

Nell’agonia dei minuti che scorrono il  Tempus Writer  si dilettava a raccontare attimi consecutivi di vita.  I personaggi narrati. Mai fermati. Cadevano tra i colpi della macchina da scrivere. Lettera dopo lettera. Ticchettio dopo ticchettio, lo scorrere del tempo si mescolava alle lettere battute. Tutto cadeva tra i suoni di antichi strumenti di narrazione. Nell’era digitale si era perso il ritmo della macchina da scrivere. Giaà….”quella” macchina che accavallava le lettere da battere con i pensieri,  come se seguisse il flusso incessante delle proprie riflessioni.  Nella notte dolente, dove ogni ora soffriva la propria partenza, salutando i minuti che stavano arrivando, il Tempus Writer non narrava di storie tristi ne di storie allegre. Esso ascoltava il vento scorrere tra le dita. Rinfrescava i polpastrelli per riprendere il ticchettio di lettere da imprimere sulla carta.

La carta che assorbiva su di sé speranze ed angosce. Immagini riflesse di coscienze perdute. Reali ed attuali. Il Tempus Writer scrive dell’oggi pensando al domani con strumenti di ieri. Mischia le coscienze nell’incoscienza del dopo. Narra del presente come se si trattasse di un romanzo……ma sull’alba dei pensieri, costruisce menzogne. Verità nascoste con il velo della realtà.

Si narra di tempi estinti così come di uomini. Credenze che portarono ad abbattersi sul tempo degli uomini miserie e guerre. Guerre di credenze che cadono giù su tutti coloro che, per diretta volontà del caso per alcuni, o per volontà di entità superiori, per altri,  ne rimangono impigliati. E per questo. Ne restano uccisi.

Il Tempus Writer narrava dell’angoscia di quei giorni, col ticchettio della sua macchina da scrivere raccontava di vite perdute. Vite spezzate e Nazioni in balia dell’odio. Il caos si abbatte come un Monsone. Sulle costruzioni della mente ci cercano appigli. Il Tempus Writer ne ha consapevolezza. Egli al ritmo del tempo scrive. Narra, trascrive.

Trascrive di questa società che digita, che non ascolta più il suono dei pensieri. Che cerca tra i pensieri l’agire umano. Quell’agire che non teme il confronto. Non teme se stesso. Non teme.

Non teme la volontà di guardarsi allo specchio, cercando nelle radici del passato responsabilità ed opportunità valide per il presente. Risposte per il futuro non ne trova. Nello scorrere del ticchettio del tempo. Su quei tasti ha visto il volto della sofferenza. I muri dell’emarginazione. Le pareti acuminate dell’odio. L’esplosione di violenza che attanaglia le anime in un vortice senza sosta. …

Il “Tempus Writer” scrive sui giorni il proprio diario di guerra. Pagine lunghe affollate di odio. Non allega immagini. La mente è esperta a crearne sempre di peggiori. L’animo, poi…ne espande la percezione.

Il salto era ancora in corso quando il pozzo divenne ancora più buio. Nessuna lanterna rischiarava la base del pozzo. Ne venne inghiottito come un pensiero stupido tra la dimenticanza. E poi venne il buio. E dal buio l’ignoranza. La conoscenza fu abbandonata a se stessa. Era più facile conoscere il nemico piuttosto che riconoscere l’amico. Mentre ogni pagina veniva scritta in maniera puntigliosa. Sentivo ancora il ticchettio della macchina da scrivere. Non vedevo più inchiostro nero tra i fogli scritti. Intravedevo parole di colore rosso scuro. Il grigiore delle nubi si estendeva su Pangea. Nè vecchio nè nuovo. Niente Nord. E niente Sud. Nè Est. Nè Ovest. Tutto era al centro. Come in un campo di calcio. In attesa del fischio di inzio che stava decretando la fine.

Il Tempus Writer rivedeva come in moviola tutto ciò che lo circondava. Stava per concludere il nastro della macchina da scrivere. E’ privilegiato. Può scrivere. E può tornare indietro. Non può cancellare.

Ma può lasciare solo traccia delle impronte dell’uomo sulla spiaggia della Storia. Non l’ultima. Non la prima.

Ma speriamo migliore.

E con quel pensiero. Egli andò a dormire, tra il ticchettio della macchina da scrivere.

Il Tempus Writer aveva iniziato un nuovo capitolo.