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Blog Quadrinacrie

Il Progetto Quadrinacrie

Riunire 4 amici e collocarli all’interno di un progetto editoriale. Tutto molto “poetico” vero? Beh si. Lo è stato! Quadrinacrie non è solo una raccolta di poesie, ma il compendio di 4 modi diversi di sentire il reale e di interpretarlo secondo sfumature personali e diverse.

4 diverse dislocazioni geografiche, non ci hanno impedito di rincorrere l’idea di concentrare in un unico volume le nostre idee, i nostri sentimenti ed il nostro modo di “vivere” e “vedere” il reale.

Nei stesti si può trovare il racconto di emozioni, sentimenti, rabbia, paura e speranza. Un piccolo compendio di umanità che speriamo possa accompagnarvi, nel quotidiano vivere.

La voglia di vivere il pensiero e l’emozione non si limita solo alla scrittura, ma si canalizza anche in immagini, grafiche, poesie e foto. Tutto si mischia per arrivare ad un univo grande obiettivo: la poesia.

C’è poesia anche nel silenzio. Pertanto, se avrete voglia, potrete sfoglia di volta in volta, le pagine delle nostre anime.

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Un passaggio verso l’alba

La luce passava attraverso la porta. Era un ambiente buio, ma appariva come una mansarda con travi di legno. Dalla finestra sembrava scorgere le luci di Parigi, ma il rumore del traffico era come quello di Londra. Il divano era comodo. Sembrava peccato alzarsi da lì. Poi, detto tra noi, il plaid teneva abbastanza caldo.  In questi frangenti di oscuro silenzio la mente oppone resistenza alle emozioni. Prima che il sonno arrivi, avverto una certa​ opposizione. Poi tutto prende forma: volti, emozioni, luoghi. Ma come può il buio colorare la notte? Eppure ogni pensiero si trasforma. Si colora. Non vedo più con gli occhi. La mente comincia ad arrampicarsi ai pensieri. Così la notte prende forma. E la forma si perde nella notte. E così appaiono recondite immaginazioni. Rimaste li, a guardare, come scimmie sugli alberi. Adesso solo un’auto si sente passare oltre il cavalcavia. Una melodia che riprende lenta e costante. Ninna nanna moderna della città stanca. I racconti della notte sono i più affascinanti. Non temono la luce del giorno né la dimenticanza. Viaggiano nella mente come musica fra le fronde. Si alzano in volo come goffi Albatros. Ma nel cielo sono aquile dalle ampie ali. Adesso il buio è meno buio. La stanza si sta riappropriando della sua forma. La macchina sta passando. Chiedo un passaggio verso l’alba. Un nuovo giorno mi aspetta.

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La sveglia, il gregge e la ciabatta….

La sera era sopraggiunta quasi in fretta. Il vento gelido si sentiva fischiare fuori dalla finestra. Così come le auto verso casa. Fuori c’era freddo e la porta della stanza era socchiusa. Decisi di alzarmi per chiuderla meglio. Mi alzai. Chiusi la porta. Tornai indietro. Mi misi nuovamente a letto. Tirai le coperte e poggiai la testa sul cuscino. Avevo sonno. Ed ero stanco.

Ma come quelle cose inspiegabili, iniziai a sentire il “tic tac” della sveglia. Il rumore costante del tempo che avanza. Per quale ragione oscura il ticchettio si sente solo a tratti? Nel procedere con i miei riti quotidiani sembra che attorno nulla muti o prosegua.

Ma la sveglia…con il suo ticchettio…c’è! Adesso c’è. Mentre iniziavo a cercare di prendere sono, il rumore si faceva a tratti più forte. Mi chiedo se ci sia sempre stata…eppure è li da mesi!….Azzardo anche da anni! Ed è come se ad un tratto scopri di avere la tua bella, simpatica e “rumorosa” sveglia in camera….Il rumore c’è…si sente (anche abbastanza forte). La decisione da prendere non è facile: Resto fermo sotto le coperte con il freddo fuori ed il calduccio dentro o mi alzo e butto la sveglia fuori dalla stanza?…Il dilemma prosegue per diversi minuti…Il ticchettio sembra incalzare la mia scelta…io penso che volevo solo andare a dormire….ma il rumore comincia ad essere veramente fastidioso. Rifletto sul fatto che mi sto prendendo una questione con la mia sveglia…che è lontana dal comodino e che stanotte ha deciso di fare sentire prepotentemente la sua presenza….Mi rassegno all’idea di dover prendere una decisione. Sebbene avessi sperato nella classica conta delle pecore…(ormai diventato gregge folto e popoloso)…devo necessariamente levare dalla testa il rumore della sveglia. La decisione è presa all’unanimità: io, il gregge ed, in lontananza anche il pastore (che gentilmente mi saluta con un cenno), abbiamo deciso di buttare la sveglia fuori dalla stanza. La decisione è presa. E come tale l’ordinanza di sfratto ha immediata esecuzione. Nulla di più facile. A passi brevi e sarà fuori dalla stanza. Pregusto la morbidezza del cuscino ed il calore delle coperte.

Con grande impegno, mentre fuori il vento si fa sentire, le auto vanno verso casa, e la porta è socchiusa, decido di alzarmi. Mi giro verso il comodino. Un gesto quasi immutato per generazioni d’un tratto lascia intravedere il più alto sfregio verso colui che vuole andare a dormire: l’accensione della lampada (o per usare un francesismo abat jour…che così suona più internazionale).

La mia amata abat jour non si accende. Inutile stare a girarci attorno… Sebbene non avessi chiesto mai nulla in cambio. Non adempie ai suoi doveri istituzionali. Ormai è una partita aperta. Il gregge comincia ad agitarsi. Maledette pecore! Mesi per contarle mentre saltano ed ora tentano la fuga. Il pastore comincia a farfugliare qualcosa che non capisco (non credo sia sardo)…ma ad ogni modo è incomprensibile. Nell’oscurità cerco le ciabatte. Dovevano essere ai piedi del letto…ma l’unica cosa che trovo sono solo i miei piedi “fuori” dal letto. In tutto questo marasma. Al buio. Il ticchettio sembra avvertire il mio disagio. Ed aumenta il rumore..E con il rumore sembrano aumentare anche i secondi. Prendono piede e corrono! Adesso tutto è un gran caos! Come i tergicristalli in funzione quando piove! Il traffico impazzisce…tu rimani ipnotizzato dai tergicristalli che neanche i Marines….fanno “destr…sinistr”…Recupero finalmente una ciabatta…inutile dire che indosso la ciabatta destra nel piede sinistro…Saltellando arrivo al mobile con la sveglia. Lo so..è buio. No ci vedo…ma posso sentirla!…La sento forte e….dove accidenti è? Tutto ad un tratto c’è silenzio. A metà tra il nulla, l’oblio ed l sonno..la sveglia non si sente più. Quel ticchettio che era così persistente…si è perso in mezzo al buio. La sera era sopraggiunta quasi in fretta. Il vento gelido si sentiva fischiare fuori dalla finestra. Così come le auto verso casa. Fuori c’era freddo e la porta della stanza era socchiusa…..ed io stavo bene sotto le coperte…mi chiedo che fine abbia fatto la sveglia. Non si sente. allungo la mano per cercarla…ma trovo solo un pezzo di stoffa…? Un pezzo di stoffa?..Ma se avevo lasciato tutto libero e pulito? Torna la luce e la abat jour  si accende. Per un attimo il bagliore mi acceca. Tra le mani trovo un pezzo di stoffa…è un cappello…da pastore! Giro lo sguardo rapidamente. Il ticchettio assieme alla sveglia non c’è più. Incredulo mi guardo attorno e non vedo nessuno. Spengo la luce. Chiudo gli occhi finalmente inizio ad addormentarmi. Il calduccio comincia a ristabilirsi, sono tranquillo. Vedo la campagna, il gregge è di nuovo calmo ed è tornato a su posto….Da lontano rivedo le colline ed il cielo azzurro…ma un riflesso mi abbaglia. Cerco di sforzarmi meglio e…il pastore si è fregato la sveglia!!!….

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Il metronomo, la metropolitana e Tchaikovsky

Return to wind. Ritorno al vento. Come quando la luna irradia di spazio ogni angolo del mondo ignoto.
Ritorno al vento, dove i pensieri sussurrano speranze senza andare oltre le nuvole. Oltre le stelle.
Ritornai al vento quando non avevo altre gambe per andare oltre i miei confini.
Return to wind. Ritornare al vento. Non so perché. Eppure mi persi parole al vento. Come sabbia dispersa.
Il vento irrompe nello spazio….e…adesso che dire….
Sento musica rock….nel frastuono di strumenti elettrici, guardo il ticchettio del tempo. Regolare. Come metronomo dei pensieri.
Metronomo dei pensieri. Ecco la chiave di questa porta della mente.
Inserisco la chiave. Giro. Click. Tack….tick tack…tick tack…tick..tack… Regolare il metronomo mi dice che la notte va avanti.
Come il susseguirsi dei pensieri…la mente sente. Osculta l’anima…tra un rapido volteggiare delle sinapsi….il volo di calabrone dei pensieri si agita e il metronomo non arresta il suo costante ondeggiare. Ondeggia, ondeggia ed ipnotizza reconditi sguardi.
I pensieri si affollano…corre la mente ai ricordi. Ricordi di giorni felici, di giorni assenti. Assente la coscienza.
Il metronomo non si arresta…ed io corro…corro…come il ticchettio delle mie dita….le parole si accalcano…scrivo male…ma corro, corro come impazzito.
Freni della ragione. Adesso passa il metronomo. Va più veloce verso i pensieri dello stagno. Mi ritrovo nella metro di una città ignota. Passa il vagone e…la mente va via..veloce e lontana…niente freni alla fantasia.
Il suono di una sirena vola alto…Si schianta tra i muri della stazione. La canzone rock riecheggia tra le pareti della metro. Il treno si ferma. Le porte automatiche fanno scendere orde di sensazioni. I profumi abbracciano il tatto. Con delicatezza si stringono le mani. Salgo sul vagone. La chitarra elettrica segnala al capostazione di poter partire. Il vagone riparte. Suona la campana dell’orologio. Tutto inizia a suonare melodie di Tchaikovsky…che sembra più facile a pronunciare che a scrivere…. Tchaikovsky si arrabbia e mi guarda indignato….mi siedo e parlo con Chopin. Almeno è più facile da scrivere.
Beethoven fa finta di niente..Non sente.
Arriviamo alla seconda stazione e scendo dal terno…. sarebbe corretto se fossimo alla terza stazione … ma meglio scendere dal treno.  Sento passi dietro di me…sono io…che scrivo alla tastiera. La luce diventa fioca e dei monaci tibetani mi salutano con gentilezza. Adesso guardo oltre i grattacieli. Vedo una montagna alta. Si staglia verso il cielo.
Comincia il mio cammino. Quello vero. L’aria è fresca e nella mente non c’è confusione. Solo voglia di camminare. Di stringere al petto i migliori pensieri. Le migliori parole e le riflessioni più belle.
Adesso il respiro del mondo è ampio e nei pensieri niente più ombre. Ripenso a sguardi amorevoli e d’amore.
Il metronomo continua il suo ticchettio, ma non lo sento più. Il mio cuore batte come un solo metronomo. Tutto è silenzio. Nella metro non sale più nessuno.
Mi allaccio le scarpe. Ed inizio il mio cammino.
La montagna sembra alta. Ma nella mia mano sento un calore, un abbraccio di anime lontane. Che mi sorridono come l’arcobaleno del cielo. Adesso ogni cosa sembra coordinarsi all’universo. Trovo il tempo
per un sorriso. Il metronomo enorme batte il tempo del tempo che non da tempo a se stesso.
Nella confusione di tutto ciò, mi chiedo che cosa abbia scritto.
Pensieri confusi che ritrovano la via della ragione. Una ragione nascosta alla sua natura. Troverò percorsi diversi per mete uguali.
Adesso la notte rischiara sentieri della mente ignoti. O almeno così vorrei credere.
Tic tac…tic tac…il metronomo non si è ancora fermato. Come le mi dita sulla tastiera che continuano a scrivere anche male…ma non voglio fermarmi..voglio scendere in metropolitana. Aspettare il vagone e sedermi su un sedile scomodo.
Aspettare che riparta il vagone e viaggiare verso una nuova destinazione.
“controllore”…dico:”il mio biglietto”.
“Tutto ok”…risponde lui.
“…e per il metronomo?”. Chiedo io.
“Lo lasci dove è”. Risponde lui. “Più tardi lo ricaricherà Tchaikovsky….Beethoven non lo sente mai”.
La metro è ripartita. Senza il metronomo … ma con Beethoven a bordo…. Come avrà fatto a sentire il fischio del controllore?

Con questo atroce dubbio … mi addormentai!

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La notte prepotente ed il pensiero errante

Questa notte è prepotente. Avvolge le ombre di fasci di luce. Come lampi irretiti dalla notte.  Tutto è avvolto dal silenzio. L’anima è avvolta come da una coperta, che ti avvolge e ti riscalda. Nei flussi costanti dei pensieri e dei ricordi, si attorcigliano le emozioni. Certe volte belle, altre volte scure. Come la notte. Mi ritrovo di nuovo a dover dialogare con chi il sonno non lo vuol far vincere. Ed è così che “À rebours” si trascina via la notte. Sei prepotente, notte silente, mai paga dei miei pensieri, delle mie angosce e delle mie lacrime. Di giorno ignori i miei sogni e la notte, tra le braccia della stanchezza, illudi le mie speranze. Ma non sarai solo tu a tediare queste ore che scorrono velocemente lente. Tutto sembra essere immobile, ma la mente viaggia di ricordi. Si nutre di sogni futuri ed immaginifici. Adesso mi ritrovo qui. Solo con i pensieri tardi e lenti. Lenti ad arrivare e quasi sempre inopportuni. Inappropriati. Nei ricordi cerco rifugio. Quel rifugio che ha il tuo volto e la tua voce. Quel rifugio che si dissolve alle prime luci dell’alba. Quando la luce annuncia un nuovo giorno ed un nuovo divenire.

Questa notte è prepotente. ..perché non vuol far passare le ore. Che di giorno si consumano anche troppo in fretta. Ma non rinnego questa quiete. Che mi ha spinto e trascinato fuori dal letto. La mente evade e dai flussi delle parole tutto sembra confuso. Si libera l’animo dalle scorie giornaliere. E nelle note di musicali di questa melodia che è la notte stellata. Incrocio volti e luoghi.

Questa notte è testarda nei suoi propositi. Di fronte a me il muro. Posso interpretarti come voglio. Ma di fronte a me…non so più. Tutto sembra essere svanito. Come risucchiano nell’ombra. Sono il rombo di motore lontano fa compagnia alla ventola di questo pc. Che adesso torna a ticchettare. IL rumore è più vicino. Ma del centauro neanche l’ombra. Spasmi di pensieri insonni. Come il singhiozzo della mente. Che parte. Si ferma. Riparte.

Con le mani tra i capelli cerco capire. Cosa di balzo mi ha fatto alzare….ma certamente a te. ..cosa importa? Ed hai ragione. Non so se ti è mai capitato di sobbalzare da le letto. Non per paura. Ma perché senti che nonostante il sonno ti abbracci. Vuoi divincolarti. Fuggire dalle lusinghe della notte. Cercare un senso, in quel tempo che scappa e che sembra chiederti qualcosa. Ma cosa? Tutto appare e svanisce, come ombre nella retina.  E delle nostre emozioni e sensazioni…cosa farne. A tarda notte? Posso raccoglierne i pezzi. Ricomporli. Tessere nuove tele. E dipingre enuovi orizzonti e nuove albe. Nonostante il cielo sia ancora scuro, amo vedere il cielo rischiarato dalla luna.  Nella notte che non mi lascia solo ritrovo gli elementi costanti che accompagnano le notti, prima del sonno. La quiete notturna. I pensieri mai stanchi e il silenzio che si crea orizzonti tutti suoi. Ti ho chiamata prepotente, notte insonne, perché nella tua insolenza, mi costringi a guardarti negli occhi. Rivedendo me. Il mio passato. Il mio futuro. E se il giorno è fatto per agire, la notte è fatta per sognare. Per cercare i pensieri incerti della mente, che quasi timidi, escono allo scoperto. Come bimbi fuggiaschi tra le pieghe delle gonne della mamma.

Tu sai, mia dolce stella, cosa nell’animo si rifugia. E non so perché proprio di notte, troviamo modo per parlare. Non sempre. Ma in un modo o nell’altro ci rivolgiamo lo sguardo tenero e sincero.

Un giorno come un altro, ho capito e toccato con mano, senza saperlo la profondità dell’universo. Non mi fu manifesto subito. L’universo è troppo vasto e profondo per essere avvertito subito. Ma esso vaga in noi, lentamente, come se intraprendesse un viaggio lungo. La meta è nota solo a lui. Noi ne siamo ignari partecipanti. Poi d’un tratto. Tutto esplode con forza. E che essi siano ricordi, emozioni, profumi, sensazioni….esplode.

I ricordi diventano sempre meno numerosi, ma restano lampi di luce che folgorano la notte. Lampi che si accendono di notte e ti fanno alzare dal letto. Perché?… Non lo so. Vorrei saperlo. E sebbene mi sforzo di capire. So che ogni tentativo è vano. Catullo scrisse:

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

(Ti odio e ti amo. Come possa fare ciò, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento.)

 Come Catullo anche io sento che tutto ciò avviene. In maniera incontrollabile, forse. Me ne tormento?…Direi di no…ma so che non è che così.

La prepotenza della notte mi ha lasciato inerme dinanzi al flusso dei pensieri. Come un fiume in piena ne vengo trascinato. Travolge ogni cosa. Ed in questo marasma, sul letto del fiume, ritrovo pietre e gemme preziose. I ricordi più belli, le sensazioni più felici. I volti e le carezze di chi mi ha preceduto. Una stella cadente solca il viso. E anche se questa notte non è stata tramortita dal sonno, so che non è stata una notte spesa invano. L’indomani sarà più assonato, ma il cielo ha rischiarato ancora le terre dell’animo. Dove il mio personale “Pastore Errante“, non ferma il suo viaggio, né il suo dimandare

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Tutto e niente….(caffè)

Ci sono giornate in cui ti sembra che tutto sia immobile. Fermo. Il tempo si dilata come un elastico infinito. Poi mentre l’attesa inganna la ragione, in un attimo, gli eventi ti scuotono dal torpore da cui eri avvolto.

Come una giacca invernale indossata ad agosto, sei costretto a levarti di dosso l’indumento, e così cominci a dimenarti, ad organizzarti, a riordinare la mente (li dove è possibile) e ti dice di ripartire.

Tutto e niente. La vita sembra portarti via tutto in un niente. E niente certe volte ti sembra tutto. Tutto e niente. Tutto in un niente. Poi in un attimo ti vedi costretto ad affrontare le ambizioni e le sfide di mesi in meno di 12 ore…..ed ora?

“Boh!?”. Ed ora tutto in un niente appare. Senza alcun pudore e rispetto. Rispetto per te, per ciò che hai rincorso.

Ci sono giornate in cui tutto non ti sembra niente. In cui il destino ti fa scherzi, a suo dire, divertenti. Ride solo lui. E’ capace di travolgere il tuo destino come il caffè scoppiato dalla caffettiera. Già. Mi viene in mente proprio la metafora della caffettiera perché proprio oggi dopo pranzo avevo voglia di un caffè. Deciso di prepararmene uno, metto su la caffettiera, con l’acqua, il caffè, il fuoco moderatamente forte e…oplà!…ti accorgi che devi allontanarti 5 secondi, il tempo di chiudere al piano di sopra la finestra perchè quel cielo grigio su di te…non è una canzone dei Dik Dik (Sognando la California)….non sono semplici gocce d’acqua….è la tempesta tropicale di passaggio che ha appena avuto l’idea di sedersi comodamente sul tuo divano! ….sali. Chiudi.Scendi….15 secondi al massimo (ho corso)….

Ci sono giornate in cui parti con l’intenzione di prendere un caffè. Ma capisci che il caffè non vuole prendere te!……..ed è così che si tuffa su un metro quadrato della cucina. Quella stessa cucina che avevi appena finito di pulire!

Tutto sporco. Niente caffè.

Se c’è un insegnamento….o se volete, una “metafora” ….da questo episodio…vi accontento.

Il caffè fatelo sempre prima di aver pulito a fondo la cucina. Perché la caffettiera riconosce sempre una cucina pulita. E se proprio dovete…andate al bar!

Buon caffè!